FARSI PROSSIMO :PERSONE; NON PROBLEMI

L’esempio del buon samaritano: l’ascolto, l’accoglienza, la condivisione

Don Virginio Colmegna
Direttore Caritas Ambrosiana

Turate, 25 ottobre 2001

Il testamento di Gesù è "Amatevi come io vi ho amati".
Dio proclama che la logica dell’onnipotenza è la logica del servizio. Il linguaggio della croce è nuovo ,inaspettato, sorprendente: è necessario farsi servi gli uni degli altri.
Noi accettiamo Dio nella misura in cui ci è utile (assicurarsi la vita eterna) ma ci scandalizziamo di fronte alla croce. Dobbiamo ripensare alla "figliolanza" come fratellanza tra gli uomini.
Siamo abituati al Vangelo come ad un libro di buon galateo e la fede ci serve per dimostrarci buoni e per crescere i figli . Si è abituati ad addomesticare il Vangelo secondo i nostri criteri.
Manca il senso del Vangelo come relazione e incontro.
Gesù muore giovane, messo a morte dalla violenza e perdona ,"dona sua madre", in questo ,modo nasce una relazione nuova di vita, di comunione, l’umanità viene guardata in modo nuovo.
Non siamo più capaci di fare silenzio per cercare tragitti più profondi, è necessario riscoprire il Vangelo come appello radicale al nostro modo di vivere.
Siamo in un momento di forte crisi e dobbiamo rendere ragione della speranza che è in noi.
Profezia di Ezechiele: le ossa rinsecchite riprendono vita. Il linguaggio dei cristiani di oggi sembra quello di depressi: tutto va male. La nostra fede nasce dal fallimento estremo ma è un linguaggio di speranza

Parabola del samaritano

Tutti quelli che incontriamo ci sono prossimi. Siamo tutti figli del medesimo Padre, ciascuno è chiamato alla salvezza.
Nella parabola del buon samaritano il segnale della prossimità è consegnato dallo straniero. Dio è appassionato alla storia dell’umanità. Il nostro è un Dio buono che soffre, che patisce, che vuol salvare ogni uomo. La Chiesa deve dare speranza, dovrebbe essere il segnale di una comunità fraterna , ospitale.
Sacrilegio è condividere l’eucarestia e accettare che nella stessa comunità vi sia qualcuno che sta male e qualcuno che ha troppo.
Il tema della prossimità non è solo un impegno, un fare, prima di tutto è ESSERE, giustamente il titolo di questo itinerario VIVERE LA CARITA’. Significa avvertire che chi ci è vicino è un dono, un dono scomodo, che non si inquadra nei nostri schemi; l’altro è un volto , una storia che ci riguarda, anche se ha dentro la maledizione.
FARSI PROSSIMO : PERSONE, NON PROBLEMI giustamente
E’ assolutamente necessaria la tensione alla prossimità , alla pace, alla concordia, incontrare Gesù nell’incontro con l’altro.
Il levita e il sacerdote non hanno tempo.
Il samaritano scende da cavallo e fa un incontro. Il tempo del samaritano è un tempo perso, che non produce, che regala e può non avere ritorno, è un tempo che non genera sicurezza, che può cambiare la vita e scompaginarne gli schemi. Il peccato del levita e del sacerdote è il peccato della sordità ,del non vedere.
Il samaritano si ferma: c’è un malcapitato pestato, lacerato, rappresenta la lacerazione di tutta l’umanità: ¾ dell’umanità non ha il necessario per vivere.
Il samaritano, il levita, il sacerdote sono fratelli.
Stai dalla parte del samaritano per consegnare anche agli altri la capacità di fermarsi.
La contemplazione e la prossimità sono due facce della stessa medaglia. Marta e Maria non sono due figure contrapposte. Questa è la dimensione della Chiesa :essere persone contemplative e persone che operano.
Il samaritano condivide un pezzo di strada con l’uomo bisognoso che diventa FRATELLO che cammina con lui . E’ sbagliato il linguaggio della carità che pretende un risultato. Il linguaggio della carità è spesso rischioso,non ha risultati, sta nelle solidarietà rischiose che non hanno il consenso. Si scelgono quelli che si incontrano, stare in relazione di prossimità è stare con l’anziano solo, con l’immigrato. La carità è anche linguaggio penitenziale.
La Caritas decide di camminare insieme ai fratelli senza secondi fini e scopre che i poveri sono fratelli e anche chi non ha tempo di fermarsi è fratello ( quindi anche il levita e il sacerdote).
Il samaritano e il malcapitato si fermano nell’osteria. L’oste è una figura spesso dimenticata.
All’oste viene consegnato il malcapitato dal samaritano.
La Caritas mette insieme dei piccoli ricoveri per dare un segno di ospitalità. "Bussate e vi sarà aperto".
L’osteria è segno della comunità che si orienta verso l’ospitalità, la comunità deve scegliere, non essere indifferente. L’osteria è un modo di costruire esperienze di solidarietà in cui si dà tutto in attesa del ritorno del Signore.
"Tienilo con cura, utilizza quello che vuoi, se spenderai di più te lo rinfonderò al mio ritorno" si intende il ritorno del Signore… Tu ci hai affidato queste persone, te le riconsegnamo con tutto quello che abbiamo fatto.
L’esperienza di carità è esperienza di futuro, di attesa.
Attendere significa riempire la vita di speranza e ridare gusto alla vita.

  1. Ascolto: per ascoltare bisogna anche ascoltarsi, accettare la logica dell’incontro, significa essere inquietati. Anche la dimensione della preghiera è dimensione dell’ascolto. E’ necessario ritornare al Vangelo, viverlo anche in famiglia, approfondire la nostra fede. La carità ci educa all’ascolto.
  2. Accoglienza: accogliere e farsi accogliere. Gesù si è fatto accogliere dalla samaritana prima di accoglierla. La comunità dovrebbe sorprendere: "guarda come si vogliono bene". Il Signore Gesù era certamente Uno che voleva bene.
  3. Condivisione: condivisione è essere per, stare con, fare la strada insieme. Gesù da ricco che era si è svuotato.

La dimensione della carità non è una dimensione assistenziale.
La nostra passione per i poveri è perché l’amore di Gesù è per loro.
La carità viene da un profondo legame con Gesù.
Il punto di partenza e di discernimento è il Vangelo di Gesù.

Risposte alle domande che gli sono state rivolte

La Chiesa è nelle mani dello Spirito Santo: bisogna fidarsi del Signore.
In ciascuno di noi c’è un po’ di sacerdote, di levita, di samaritano.
La parabola non consegna un linguaggio di giudizio .
La povertà è anche una beatitudine anche se in questo periodo domina l’ideologia della ricchezza: l’uomo vale per quello che ha , non per quello che è.
Una Chiesa che cammina deve perseguire la conversione, la santità. La Chiesa deve riscoprire il linguaggio della generosità come linguaggio educativo. Avere la capacità di commuoversi , comprendere, gioire.
E’ estremamente importante l’attenzione al quotidiano, l’esperienza della carità è un’esperienza normale che vive gente normale.
Vi sono diversi tipi di povertà: materiale, strutturale, della solitudine, della sofferenza.
La sofferenza psichica è al grande tragedia del nostro Paese. Accogliere le persone che ci sono vicine, avere attenzione al vicino , all’anziano solo…C’è bisogno di gente che arrivi a dare aiuto ancor prima che questo venga chiesto, per rispettare la dignità di chi è nel bisogno .
Bisogna avere uno stile di serietà rispetto all’aiuto.
I cristiani sono persone che si stimano, si criticano, ma si vogliono anche bene.
Dare di più non è fare qualcosa in più, ma è dare un supplemento di anima, è necessario riscoprire la dimensione dell’interiorità.